Perché possiamo osare nel definire la scherma, il duello individuale per eccellenza, come uno sport di gruppo?
Una pedana per due
Quando si pensa alla scherma, è facile immaginare due atleti sulla pedana, uno opposto all’altro, in un incontro-scontro perfettamente individuale. E in effetti sembra essere proprio così: una delicata serie di movimenti da fare, decisioni da prendere e paure da vincere; sempre e costantemente da soli su quella pedana.
La capacità tecnica su cui fare affidamento è sempre e solo la propria, non c’è compagno o tecnico che possa risolvere una determinata situazione al posto del protagonista. Non si può fare affidamento sulla prestazione di qualcun altro per uscire da un momento di impasse, non ci sarà nessuno con cui dividere la vittoria o la sconfitta al termine della gara, i miglioramenti dei compagni non avranno alcun esito sulle proprie potenzialità.
Una squadra “solitaria”
E c’è di più! La scherma mantiene la sua individualità anche nella prova a squadre. Esatto, è prevista una competizione a squadre, ma questo non va a cambiare la crudele e affascinante natura individuale del nostro sport; gli incontri infatti si svolgono 3 vs 3, ma non nel significato che tutti abbiamo in mente.
Si pensi ad una partitella di calcio 3 vs 3 per esempio. Tutti collaborano e interagiscono con e contro tutti. O si pensi al doppio del tennis, perché no: 2 atleti sfidano entrambi gli altri 2 atleti dall’altra parte della rete riuscendo a modificare l’esito dell’incontro grazie all’interazione continua tra tutti gli atleti.
Nella scherma, invece, no. Gli incontri sono sempre 1 vs 1, e la somma dei punti (45, cioè 3×3=9 incontri da cinque stoccate ciascuno) non sarà che la somma dei singoli incontri in successione l’uno con l’altro. È vero, si può aiutare i compagni recuperando un brutto parziale precedentemente subito (salgo in pedana 10-7 in svantaggio e chiudo 15-11 in vantaggio), o viceversa si può penalizzare la squadra subendo la maggior parte dei punti, ma i tre incontri saranno sempre individuali, e tutti i consigli dalla panchina non faranno che essere la cornice alla propria prestazione individuale.
La competizione a squadre potrebbe dunque assomigliare più ad una staffetta, come nel nuoto o nell’atletica, piuttosto che ad una collaborazione tra compagni sull’esempio della pallavolo. Tuttavia, il paragone non calza comunque. Una staffetta classica infatti non prevede uno “scontro” tutti contro tutti. Io corro, nuoto o pedalo per i miei metri o chilometri, e la somma con i diversi tempi dei miei compagni dichiarerà un vincitore. Nella scherma invece sono chiamato a misurarmi con un avversario, il quale dovrà passare anche sotto il ferro – nel vero senso della parola – dei miei compagni. La mia esperienza in pedana potrà essere un esempio per i compagni, che scopriranno i punti di forza e di debolezza degli avversari, potendosi costruire la strategia futura.
La scherma come sport di gruppo
Questa introduzione sembra andare nella direzione diametralmente opposta a quella suggerita dal titolo di questo articolo: perché si è scelto di concentrarsi sull’importanza di più persone nella costruzione di una prestazione così solitaria?
L’importanza del gruppo nella performance schermistica è infatti sotto gli occhi di tutti. Osservando le migliori realtà italiane, le più solide appaiono quelle con un team forte e determinato. Non solo a livello di staff tecnico, ma come senso di appartenenza ad una famiglia di valori nei quali riconoscersi.
Ci piace guardare alla scherma come uno sport di gruppo proprio per la sua natura cruda, a tratti quasi egoista e crudele. Generalmente, ad occupare il cuore dell’allenamento schermistico è soprattutto la parte tecnica: la lezione individuale, gli esercizi a coppie e la simulazione di assalti di gara occupano la maggior parte del tempo dedicato alla singola seduta di preparazione. Se la lezione è svolta principalmente solo tra tecnico e atleta, tutte le altre attività vengono svolte tra i compagni di allenamento.
Un “compagno-avversario”
Ed è qui che entra in gioco il gruppo. È fondamentale, per una palestra di scherma, poter disporre di un gruppo unito e forte, che condivida la direzione finale e i valori con cui percorrere il viaggio. I compagni, proprio come negli sport di combattimento, possiedono il doppio ruolo di avversari. Tra compagni-avversari si creano legami ruvidi, spinosi, potenti e generativi. Amicizie e rivalità, collaborazioni e scontri, riconoscenze e gelosie. Il tutto trasportato per anni e anni, dai primi giochi di promozione sportiva fino alle fasi finali dei campionati italiani.
Il paradosso, rispetto a quanto detto prima, è che ogni compagno-avversario influenza direttamente il singolo allenamento degli altri. Se nella gara conteranno solamente le proprie competenze schermistiche, in allenamento saranno anche il livello, la motivazione e le emozioni dei compagni ad condizionare la propria prestazione. Non si può pretendere di consolidare skills tecniche complesse e articolate senza misurarsi con un compagno-avversario. L’impegno e la passione di tutto il gruppo si riflette direttamente su ogni ciascuna crescita individuale. Un assalto tirato con grinta e determinazione non serve solo a sé stessi, ma stimola e aiuta anche il proprio compagno-avversario.
Il gruppo in Augusta
Il gruppo è quindi il vero protagonista di una palestra: sul gruppo deve concentrarsi l’attenzione dello staff. Un ambiente sano, fatto da persone con voglia di migliorarsi e di crescere insieme fà la differenza.
L’Accademia Augusta ha la fortuna di avere un bellissimo gruppo di amici, ormai da quasi tutta la vita. Su questa base si sono aggiunte numerose altre energie, che hanno saputo dare una spinta in più ai nostri allenamenti! Siamo sicuri che la sfida più grande sarà continuare a consolidare le nostre amicizie e i nostri legami, per riuscire ad uscire da questo periodo difficile ancora più uniti!
Un gruppo che si basa sugli atleti, cresce con i tecnici e ringrazia i genitori. Già, i genitori. Dedicheremo ulteriore spazio a questa importante figura all’interno di una palestra; è però importante sapere quanto essi facciano parte del nostro gruppo. Ci aiutano, ci supportano e sanno come farci arrivare il loro entusiasmo. Non possiamo che ringraziare chi permette con sacrifici e rinunce di far vivere ai propri figli lo sport che amano. Sappiate che anche voi siete l’Augusta!
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PS: occhio al sito del Comitato Regionale. Fra poco avremo delle soprese!