Il genitore è una figura fondamentale all’interno del contesto sportivo. Il suo ruolo, nella scherma in particolare, merita di essere approfondito e contestualizzato. Non si limita infatti a permettere materialmente al proprio figlio di svolgere un’attività sportiva. Fosse così, verrebbero persi i dettagli e le potenzialità di un ruolo che troppo spesso viene messo ai margini, quasi fosse marchiato di un’etichetta indelebile: quella del rompiscatole.
Siamo onesti: un genitore sicuramente rompe. Rompe ai figli, rompe ai maestri e ai professori, rompe agli allenatori. Ma siamo sicuri che questo rompere non possa aprire ad una possibilità per il nostro contesto sportivo? È sempre sbagliato preoccuparsi, domandare, stare in pensiero o lottare per il proprio figlio?
Le righe che seguono vogliono essere il primo passo per andare a proporre qualche spunto di riflessione per riuscire ad aggiungere dettagli e indagare meglio il ruolo del genitore nella scherma, o nell’ambiente sportivo in generale. Ci piacerebbe, in questo spazio, sottolineare quanto per l’Accademia Augusta i genitori siano fondamentali per la creazione del nostro gruppo. Le nostre intenzioni sono quelle di coinvolgere il più possibile questa figura così troppo spesso tenuta da parte. Il riconoscimento di dinamiche, di ruoli educativi, di aspetti organizzativi non potrà che essere una risorsa nel percorso sportivo dei nostri ragazzi: i genitori possono essere la carta vincente, il famoso asso nascosto nella manica che ti fa vincere la partita. Il lavoro di un tecnico può – e forse, addirittura, deve – essere continuato anche a casa, con coerenza e complicità, per trasmettere correttamente i valori del nostro sport.
Il ruolo del genitore nella scherma: Intervista a Claudia e Marco
Per rompere il ghiaccio con questo argomento, ci siamo permessi di disturbare Claudia e Marco, genitori rispettivamente di Margherita Colonna e Lucia e Paolo Romani. Abbiamo domandato loro qualche piccola curiosità sul rapporto tra scherma e genitori, sperando che possa essere interessante provare a scoprire nelle differenti risposte i diversi tratti e le diverse caratteristiche delle due famiglie.
Troverete, nei diversi colori, le risposte di
Claudia
Marco
1) Da quanti anni fanno scherma Margherita, Lucia e Paolo?
Margherita pratica scherma da quando aveva 9 anni, quindi ormai ben 9 anni.
Paolo tira ormai da 13 anni avendo iniziato scherma nel settembre del 2007 quando aveva quasi sette anni, mentre Lucia tira da 11 anni avendo iniziato due anni dopo, a settembre del 2009 anche lei quindi all’età di sette anni.
2) Da cosa è partita la curiosità per il nostro sport?
Per caso parlando con amici, ci siamo incuriositi e abbiamo deciso di iscrivere Margherita e suo fratello Lorenzo, e poi i bambini potevano fare l’attività sportiva nello stesso momento.
Il tutto è partito andando ad assistere ad una gara GPG di fioretto del loro cugino Giacomo della Pro Vercelli che si era tenuta a Torino nella primavera del 2007. Al termine della gara chiedemmo a Paolo se era interessato a questo sport e che se avesse voluto avrebbe potuto provare. E così poi è stato. Due anni dopo lo seguì anche Lucia.
3) Che emozione dà vederli tornare da un allenamento? Cosa è cambiato rispetto a quando erano piccoli?
La domanda quando torna da un allenamento, ora come quando era più piccola, è “Ti sei divertita?” e la risposta è sempre “SI”. Basta quello.
Posso dire che rispetto a quando erano piccoli le emozioni sono in buona parte rimaste invariate perché è sempre comunque un piacere vederli tornare dagli allenamenti stanchi, sporchi, sudati ma soprattutto sani, sereni, felici e sorridenti, pronti a condividere in casa quanto gli è capitato in palestra. Certo, qualcosa è cambiato rispetto a quando erano piccoli perché crescendo è cambiato il loro modo di approcciarsi e di vivere la scherma. Adesso per certi versi, non avendo più particolari velleità di classifica o di carriera agonistica (se mai li hanno avuti) direi che per certi versi amano molto di più la scherma in quanto tale che non per le gare come avveniva invece quando erano piccoli.
4) Quale qualità di Margherita, Lucia o Paolo pensi sia potuta nascere dalla scherma?
La scherma le ha insegnato a non darsi mai per vinta (si tira fino all’ultimo punto), le ha insegnato a perdere e a non adagiarsi quando vince ed è in forma.
La scherma, poi, ha alimentato le caratteristiche del carattere di Margherita: la determinazione a raggiungere gli obiettivi, la caparbietà e la costanza, la serietà nel rispettare gli impegni, il rispetto per gli altri.
Credo che alcune caratteristiche proprie della scherma abbiano contribuito non poco a formare il carattere di Paolo e di Lucia. Mi riferisco in particolare al rispetto delle regole e dell’avversario, al rispetto dovuto nei confronti delle capacità dell’avversario e quindi alla consapevolezza che nella stragrande maggioranza dei casi l’avversario che ti ha battuto è stato semplicemente più bravo di te perché si è allenato di più e meglio ed infine, ma non ultimo, alla capacità di ragionare e ragionare velocemente, di saper leggere ed interpretare cioè le situazioni e reagire di conseguenza nel più breve tempo possibile. Il rispetto delle regole e dell’avversario, la capacità di comprendere e reagire fulmineamente alle situazioni e l’onestà intellettuale nell’essere consci che i risultati che potranno e vorranno ottenere nella vita saranno soprattutto il frutto della loro preparazione e dei loro sacrifici sono alcune delle qualità che vedo (anche se a volte vorrei vedere ancora di più) in entrambi i miei figli e che in parte ritengo siano merito della scherma.
5) Come hanno gestito gli impegni scolastici?
Gli impegni pomeridiani ruotano intorno agli orari degli impegni schermistici, tra lezioni individuali e allenamenti collettivi. Per quanto riguarda le assenze scolastiche dovute alle gare, Margherita usufruisce di un piano di studi personalizzato che le permette la programmazione di verifiche/interrogazioni. Grazie alla disponibilità dei professori e degli allenatori e al fatto che è organizzata non ha mai avuto problemi a conciliare scuola e scherma. Quindi quando si va in trasferta, oltre all’attrezzatura schermistica in trasferta si portano sempre anche libri e quaderni
La coesistenza degli impegni scolastici con quelli schermistici è sempre stato un problema molto serio specie quando, col passare degli anni, i primi sono diventati sempre più importanti e preponderanti. A casa si è sempre detto che prima veniva la scuola e poi la scherma e che quindi senza un ottimo rendimento scolastico l’attività schermistica sarebbe necessariamente venuta meno. Non nascondo quindi che questa convivenza non sempre è stata facile da gestire sia per noi genitori sia soprattutto per gli stessi ragazzi; sono stati loro cioè che negli anni hanno fatto letteralmente i salti mortali per finire tutti i compiti per tempo per poi poter andare ad allenarsi, che hanno passato buona parte dei fine settimana a studiare così da non lasciarsi arretrati durante la settimana e sono sempre loro che talvolta sono stati costretti a rinunciare ad andare ad allenarsi per restare a casa a studiare. E tutto questo ovviamente ha avuto delle ripercussioni sui risultati sportivi perché comunque la scherma fatta a livello agonistico richiede un impegno assiduo e costante. E’ però anche vero che questa convivenza talvolta conflittuale studio – scherma li ha portati altresì a massimizzare moltissimo i tempi dedicati allo studio (a non perdere tempo) e questo sicuramente è, indirettamente, un altro merito da attribuire alla scherma.
6) Che emozione dà vederli in gara?
Vederla in gara è sempre un’emozione fortissima, ammiro sempre la sua capacità di mettersi in gioco, di affrontare un punto alla volta, di cercare di riprendere lucidità quando la perde…
Certo, riconoscere anche le stoccate non sarebbe male, ma non importa, per me è sempre punto suo!
Le emozioni che provo quando mi è capitato di assistere alle gare di Paolo e di Lucia sono molteplici ed in buona parte indescrivibili. Le gare sono spesso un caleidoscopio di emozioni che si susseguono attimo per attimo: si soffre, si gioisce, ci si preoccupa, ci si esalta con loro e talvolta come loro. Anche in questo caso le emozioni sono in parte cambiate con il crescere dei ragazzi. Per Francesca e per me le gare di scherma di per sé non sono mai state motivo particolare di apprensione o di turbamento ma erano e diventavano comunque importanti unicamente e solo nella misura in cui lo erano per Paolo e per Lucia. Per noi, avendo spesso due figli impegnati in gara con ovviamente risultati poi di volta in volta diversi tra loro, è sempre stato abbastanza difficile gestire le nostre emozioni sia durante che soprattutto dopo le gare. Spesso ci è capitato di non poter dare il giusto risalto, le giuste congratulazioni alla buona prestazione di uno per non demoralizzare troppo l’altra e viceversa. Il rischio di sbagliare e di aver sbagliato è ed è stato altissimo. Abbiamo sempre cercato di essergli vicini comunque sia a chi era andato/a bene sia a chi era andato/a peggio ma per fortuna, e forse anche un po’ per merito nostro, Lucia e Paolo sono due fratelli molto legati e che si vogliono molto bene e che appena uno è un po’ giù di morale l’altro interviene subito per aiutarlo.
7) Come si è inserita la scherma nella vita famigliare? L’ha migliorata o peggiorata?
All’inizio è stato un impegno sportivo pomeridiano come quello di tutti i bambini, poi pian piano ha cominciato a partecipare alle gare e ad aumentare le ore di allenamento. Quindi, pian piano, la vita famigliare si è adeguata. Quando poi abbiamo cominciato a viaggiare per seguirla, abbiamo sfruttato l’opportunità delle gare per visitare l’Italia e l’Europa.
La scherma si è inserita nella nostra vita quotidiana senza ovviamente peggiorarla (altrimenti non la faremmo da 13 anni a questa parte) ma sicuramente stravolgendola. Per 12 anni ho dovuto 3 e a volte 4 volte la settimana andare ad accompagnarli e a riprenderli in palestra. Ci siamo ormai abituati a cenare non prima delle 21.30 – 21.45 anche quando non c’è allenamento. In macchina, durante i tragitti palestra – casa e poi ancora dopo cena si ripassano le materie scolastiche. La lavatrice ha dovuto fare gli straordinari perché era un continuo lavare magliette, pantaloncini e calze sporche. I fine settimana erano dedicati, come detto poc’anzi, immancabilmente allo studio o alle trasferte per le gare. Ci siamo abituati ad avere sparsi per casa passanti elettrici, sciabole da montare e borse di scherma da preparare. Accompagnando i figli alle gare in giro per l’Italia e talvolta anche all’estero abbiamo altresì avuto modo di visitare tanti posti, alcuni molto belli, e conoscere tante persone. Quindi che dire, la scherma fatta ad un certo livello è uno sport che ha coinvolto e stravolto un po’ tutti in famiglia (alla faccia della routine). In diversa misura, ha costretto un po’ tutti a dei piccoli o grandi sacrifici (anche economici perché no!), che però sono stati ampiamente compensati da tante altre cose positive. In primis perché la scherma è uno sport sano e bellissimo e poi perché, come detto prima, ha contribuito non poco a formare e a migliorare il carattere dei ragazzi.
8) Pensi che la scherma possa esserti stata utile nel conoscere meglio i tuoi figli?
Si, soprattutto durante le gare, perché abbiamo imparato a riconoscere le sue emozioni dalle espressioni del viso e dai gesti: la tensione, la concentrazione, l’euforia o l’abbattimento. E tutto nel giro di poche ore!
Assolutamente si. Per fortuna sia Francesca che io abbiamo un ottimo rapporto con i nostri figli dove fondamentale è il dialogo e la consapevolezza da parte loro che in noi genitori possono sempre trovare un aiuto, un consiglio ed un sostegno. È capitato più volte quindi nel corso di questi anni che a casa loro si siano rivolti a noi per parlarci dei loro problemi legati in qualche modo alla scherma. Queste chiacchierate hanno sicuramente contribuito a conoscerli meglio e, spero, qualche volta ad essere state utili a risolvere qualche problema. Ci si trova, alle gare, ad osservare dalla tribuna il proprio figlio o la propria figlia alle prese con l’avversario; osservare le loro strategie, le loro reazioni; osservare i loro momenti di sconforto, di gioia e la loro capacità di dare il meglio di sé. Questa osservazione è una cosa che ti permette talvolta di capire e comprendere il carattere ed il modo di affrontare la vita da parte loro. In quel momento li vedi da lontano, in parte irriconoscibili per via della divisa e quindi forse si riesce a vederli in una maniera in parte più ‘oggettiva’.
9) Tornassi indietro, vorresti che provassero qualche altro sport al posto della scherma?
Lei ha provato altri sport prima della scherma, ma solo nella scherma ha trovato la passione che dovrebbe suscitare uno sport.
È una domanda difficile a cui probabilmente non sono in grado di darti una risposta certa non fosse altro perché la scherma è stato l’unico sport praticato assiduamente sia da Paolo che da Lucia. La scherma è uno sport bellissimo, sano, formativo che sicuramente dà tanto e contribuisce tanto a migliorare i ragazzi preparandoli ad affrontare al meglio la vita adulta che per la grande maggioranza degli atleti nulla avrà a che fare con le pedane di scherma. È però uno sport decisamente individuale e soprattutto individualista dove la competizione e l’antagonismo sono aspetti fondamentali, essenziali. L’avversario una volta tirata giù la maschera è il nemico contro cui combattere e cercare di vincere e torna ad essere un amico solo a fine assalto. Non è come nel tennis dove con l’avversario puoi palleggiare oppure gareggiare, oppure come nello sci dove puoi sciare tranquillamente oppure fare una gara cronometrata. Nella scherma non puoi ‘tiracchiare’, sia in gara che in allenamento, non è possibile. Questo forse è il punto di forza della scherma ma anche per certi versi il suo principale limite rispetto ad altri sport e a quelli di squadra in generale. La competizione a squadre in parte riesce ad ovviare a questo problema, e sarebbe bello che la Federazione organizzasse più competizioni a squadre rispetto a quelle in programma. Quindi per tornare alla domanda iniziale ti rispondo che se potessi tornare indietro rifarei fare lo stesso sport ai mie ragazzi ma se fosse possibile con uno spirito più di gruppo.
10) Quale ricordo di Margherita, Lucia e Paolo in pedana ti porti nel cuore?
Vederla alla finale dei giochi del Mediterraneo nel 2019. Ma anche vederla partecipare alle gare di Coppa del Mondo, saperla in pedana contro le migliori atlete. Sono momenti importanti che dimostrano che la fatica e l’impegno sono ripagati e che si merita di vivere queste emozioni
I ricordi più belli non sempre sono legati ai risultati in assoluto ottenuti da Paolo o da Lucia. Sicuramente Paolo che ancora mezzo stravolto dalla stanchezza riceve la coppa a Riccione (Campionato Italiano U14, ndr) per il suo settimo posto, oppure Lucia sul podio di una gara regionale che ci arriva per la prima volta non li dimenticherò mai. Ma forse i momenti più belli sono legati ai sorrisi e alla soddisfazione dei ragazzi al termine di tante gare dove, indipendentemente dalla classifica, loro erano felici e soddisfatti per il loro risultato. Mi ricordo ad esempio il sorriso di Lucia quando a Riccione una volta riuscì a battere nei gironi la Carella che fino a quel momento sembrava imbattibile e le aveva sempre “date” alle altre sue compagne. Oppure quando arrivò terza in una gara in Svizzera dove sul podio era emozionata e quasi intimorita perché era la più piccola rispetto alle altre (di una spanna più piccola di quelle sotto al podio). Oppure di quando per la prima volta Paolo riuscì a battere Groppetti considerato fino a quel momento una specie di mostro sacro e comprese che da quel momento se voleva poteva giocarsela alla pari. Ma, ripeto, i principali ricordi sono legali alla loro gioia.
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